Nella Age of Customer, le aziende hanno a disposizione opportunità senza precedenti per espandere il loro business. Per sbloccare il potenziale del cambiamento è necessario prestare attenzione a diversi elementi: una digital customer experience innovativa; una strategia di engagement mobile-first (se non addirittura mobile-only); un set di strumenti tecnologici, come le app rivolte ai clienti e un sito web responsivo.

Costruire tool e contenuti digitali che convincano le persone a spendere, però, non è mai un compito semplice. Spesso si avanza a tentoni, senza sapere se le azioni messe in campo saranno efficaci o meno. Per fortuna esiste già uno strumento per capire cosa funziona e cosa no: A/B test.

Nel 2008 Bill Gates dichiarò che tutti noi “dovremmo utilizzare la metodologia A/B testing molto più di quanto non facciamo attualmente.” Otto anni dopo, le sue parole risuonano con più forza, perché nel mondo del marketing poco è cambiato. Insomma, ancora oggi non sfruttiamo l’A/B test quanto dovremmo.

Il principio che muove questa metodologia è semplice: mostrando in un determinato periodo di tempo diverse versioni di una app o di un contenuto a gruppi di test selezionati in modo randomico, l'esperimento genera una mole di informazioni utili per selezionare l'opzione più efficace.

I dati così raccolti offrono una incredibile opportunità di business: la possibilità di incrementare l’engagement dei clienti. Questa modalità di testing rappresenta, infatti, una delle strade più funzionali per compiere il passaggio definitivo da una mole di informazioni potenzialmente utili (big data) a un set di insight azionabili (smart data).

Prendiamo Barack Obama come esempio lampante di questo ragionamento. Il sito web ufficiale dell’ultima campagna presidenziale consentiva agli utenti di lasciare la loro email, per iscriversi alla newsletter o contribuire attivamente. Nella sua prima versione, la pagina mostrava la foto del candidato - circondato da supporter con le bandierine ‘Obama’ - accanto a un campo per l’inserimento dell’email e alla call to action ‘Sign up’.

A un certo punto il team di Obama si è chiesto quale fosse la migliore combinazione possibile tra immagine e bottone. Dopo aver condotto una serie di A/B test, utilizzando foto e testi diversi, alla fine hanno trovato il vincitore. Si è scoperto, infatti, che gli utenti erano più propensi (del 40.6 per cento) a lasciare la loro email quando il sito mostrava la foto di Obama circondato dalla sua famiglia, e un bottone ‘Learn more’.

Non si tratta di una mera questione tecnica o teorica: come conseguenza dei cambiamenti effettuati dopo i test, il numero di sostenitori che hanno lasciato la mail è cresciuta di 2.8 milioni, con un incremento di 57 milioni di dollari nelle donazioni.

I vantaggi dell’A/B testing sono tali da renderlo elemento fondamentale per la costruzione di una strategia di customer experience che si rispetti. O almeno così dovrebbe essere. Per anni la diffusione della tecnologia è stata limitata dal suo costo e della sua complessità. Oggi non è più così. Non esistono più scuse per continuare con le vecchie (cattive) abitudini.

Non è un caso, allora, che negli ultimi tempi questa tipologia di testing si sia imposta come metodo principe per migliorare le performance delle pagine web; grazie alla feature di Right-Time Personalization inclusa nella Neosperience Cloud, siamo in grado di implementare questa competenza anche nel settore delle app.

È bene chiarire subito che l’A/B test non agisce come una bacchetta magica in grado di risolvere i problemi da sola. Prima di iniziare a lavorare a questo importante cambiamento devi sempre stabilire cosa vuoi testare. Senza una precisa definizione di obiettivi e ipotesi, il tool da solo non ti dirà molto. Ogni app è diversa; ogni sito è diverso; ogni brand è diverso. Non potrà mai esistere una soluzione valida per tutti senza distinzioni.

Come per tutti gli altri aspetti del tuo business, hai bisogno di un set di indicatori di performance (KPI) precisi e validi per quel progetto specifico. Il punto di partenza dell'esperimento è proprio la definizione di metriche quantificabili e rilevanti per il tuo obiettivo, in modo da poter monitorare e misurare i risultati del test.

Prendiamo come esempio una ipotetica azienda del settore retail. Non sarebbe certo utile per la tua strategia implementare l’A/B testing per misurare il numero di tap nella tua app, perché i tap non indicano cosa i clienti pensano dei tuoi prodotti.

Indicatori più precisi sarebbero di sicuro le visite alle pagine di prodotto, le condivisioni, i commenti e le visite ripetute, in grado di evidenziare cosa interessa di più a chi si relaziona con il tuo brand.

Sebbene l’utilizzo dell’A/B test sia utile per aggiustare il tiro e ridefinire la presenza digitale, può - e forse deve - anche essere sfruttato per generare un cambiamento più profondo nella struttura e nella logica della tua mobile app o del tuo sito.

Il caso di studio più noto è quello che ha coinvolto la Disney, che si è affidata all’A/B testing per stabilire quale fosse la migliore versione della homepage di uno dei suoi network televisivi, la ABC Family. Dopo aver esaminato i log di ricerca, il team di sviluppo si è reso conto che tanti visitatori arrivavano sul sito alla ricerca di show specifici.

Quindi, invece di limitarsi a qualche limatura, hanno deciso di rivedere da zero la struttura della homepage, inserendo fin da subito tutti gli show per renderli più facili da trovare. L’obiettivo della Disney era di incrementare del 10 - 20 per cento il numero di click sulla pagina esperimento, cifra superata di gran lunga. Al termine del test, infatti, si sono ritrovati con un incredibile aumento dell’engagement del 600 per cento.

Un altro esempio: Netflix ha fatto proprio l'A/B testing quando ha ridisegnato la user interface del sito nel 2011. L’interfaccia originale suggeriva solo quattro titoli, ognuno dei quali accompagnato da rating e tasto play.

Convinta di poter migliorare, l’azienda ha testato una diversa variante, che consentiva agli utenti di scorrere una sequenza quasi infinita di anteprime, con foto e titoli. Questa versione ha mostrato performance così importanti - in termini di retention ed engagement - da essere poi scelta come attuale interfaccia del sito.

Quali conclusioni si possono trarre da questa breve disamina di case studies? Quando si tratta di disegnare l’esperienza dei clienti, con focus sulla tua app o sul sito responsivo, spesso ‘il meno è più’. L’analisi dei diversi esempi di A/B testing, infatti, ha mostrato che rimuovere tutti i campi che non sono davvero essenziali ha un impatto notevole sul coinvolgimento di utenti, visitatori e clienti.

Ogni tua azione, ogni strumento che decidi di utilizzare ha un unico scopo: migliorare l’esperienza dei clienti. Una migliore customer experience, difatti, si converte sempre in profitti.

Utilizzando la funzione ‘nascondi’ (che mostra le informazioni solo quando le richiede l’utente) per i codici promozionali e le opzioni di shopping, il retailer Cost Plus World Market ha incrementato la revenue per visitor del 15.6 per cento.

Certo, non sempre è possibile riorganizzare o rimuovere i campi. In questi casi puoi pensare a soluzioni alternative, come spezzare in diverse sezioni i form troppo lunghi (soprattutto nella versione mobile). Questo approccio ha funzionato per la campagna di rielezione di Obama nel 2012. La pagina per le donazioni non poteva essere ridotta ulteriormente, ogni elemento al suo interno era essenziale. Eppure al tempo stesso risultava troppo piena di informazioni.

Ed è qui che il team di sviluppo ha avuto una idea che - pur nel suo piccolo - ha cambiato le sorti della campagna: per far sembrare il form più breve, lo hanno suddiviso in due pagine, una con l’importo donato, l’altra con le informazioni personali. Un cambiamento semplice che, unito ad altri aggiustamenti minori, ha garantito un extra di 190 milioni di dollari in donazioni.

Certo, un’immagine spesso parla più di mille parole, ma la storia dell’A/B testing mostra che solo trovando il giusto equilibrio tra design, parte visiva e parte testuale riuscirai a coinvolgere gli utenti.

E questa ricerca non può prescindere dai test, dagli esperimenti. Inutile continuare a perdere tempo in infinite riunioni fatte di ‘se’ e ‘ma’. Non c’è modo più veloce per progredire di provare e sbagliare. Alla fine saranno i tuoi stessi clienti a dirti cosa funziona.

La necessità di testare e misurare è così urgente da essere inserita come uno dei passaggi fondamentali della DCX 7-Steps Checklist, realizzata da Neosperience. Una guida in sette passi che ti aiuterà a garantire un vantaggio competitivo alla tua strategia di engagement e loyalty. Scarica la checklist gratuita: