Il marketing one-to-one è una strategia di gestione della relazione con i clienti che si basa sulla personalizzazione per incoraggiare la fidelizzazione e migliorare il ritorno sull’investimento dei canali digitali.
L’intuizione alla base di questo modello è che, per quanto riguarda la comunicazione, nell’era mobile non può esistere una soluzione che vada bene per tutti. Il marketing tradizionale, infatti, perde di vista l’unicità di ogni cliente, rendendo di fatto l’intera strategia inefficace. Costruire esperienze differenziate è essenziale per essere persuasivi ed efficaci.
Questo discorso è vero tanto per il rapporto tra azienda e cliente, quanto per i rapporti umani in genere. Ma, se per l’essere umano è naturale sviluppare la capacità di modulare la propria comunicazione a seconda dell’interlocutore, sulla base della proprie capacità relazionali ed empatiche, le aziende non hanno ancora imparato a sviluppare questa capacità.
In un certo modo, questo dipende dalla tipologia di dati che l’azienda possiede riguardo ai propri clienti, che sono incredibilmente inferiori - per quantità e tipologia - rispetto a quelli che le persone possono avere o acquisire sugli altri esseri umani e sul contesto.
“Le informazioni demografiche e comportamentali mostrano ai marketer solo una parte di quella storia necessaria per delineare correttamente il profilo del proprio cliente. Il problema, comune a entrambe le tipologie di dati, è che non sono in grado di dirci perché le persone agiscano in un determinato modo, che è poi la cosa più importante da sapere”. (Susan Baier)
Usando soltanto dati socio-demografici, tutti i clienti che rientrano in una determinata categoria (p.e. Neomamme, Millennials) vengono classificati come identici. Queste informazioni sono necessarie, ma, prese da sole, portano a costruire un’immagine vaga e indefinita del cliente, e sono in grado di fornire poche indicazioni circa il loro interesse ad acquistare un determinato prodotto.
Affiancando ai tradizionali ‘hard data’ (dati socio-demografici quali età, localizzazione, e situazione economica) i cosiddetti ‘soft data’, qualitativamente diversi, per caratterizzazione e specificità, diventa possibile comprendere il cliente in maniera più approfondita e veritiera, fino a prevedere cosa potrebbe apprezzare di più e come potrebbe comportarsi in futuro.
Ci riferiamo alle attitudini, aspirazioni, ai valori e allo stile di vita e personalità - informazioni abbastanza stabili nel tempo - ma anche alle sensazioni, percezioni ed emozioni - che sono invece più labili e mutevoli.
Diversamente dagli hard data, i soft data non sono direttamente rilevabili. Per trovarli è necessario scavare più a fondo nei punti di contatto e relazione, virtuali e fisici, attraverso i quali si dipana la customer relationship.
Quali sono questi punti di contatto? Qui di seguito presentiamo quattro ottime fonti di soft data.
PROFILI SOCIAL
I profili social sono senza dubbio il luogo dove si possono raccogliere le informazioni più varie su un singolo utente: immagini, video, testi scritti, descrizioni autobiografiche, likes, commenti e contenuti condivisi offrono un’immagine complessiva degli interessi e del modo di pensare dell’utente, così come dei suoi hobby, dello stile di vita e della sua personalità.
SITO WEB ED E-COMMERCE
La quantità di dati risultante dal comportamento di un utente su un sito o un e-commerce può essere analizzata e interpretata a diversi livelli di profondità. Per esempio, per un’azienda di moda, le informazioni possono spaziare da ciò che l’utente ha acquistato fino a comprendere lo stile di vestiario che preferisce o il rapporto che ha con la moda.
STORE FISICO
Sbaglia chi pensa che l’analisi dei comportamenti e delle attitudini del consumatore abbia solo a che fare con gli aspetti digitali della relazione. Grazie ai sistemi di riconoscimento biometrico e di pattern audio è possibile rilevare le emozioni e lo stato d’animo del cliente.
Per esempio, la tecnologia di riconoscimento facciale e i sensori GSR possono essere usati per mostrare:
Le aree del negozio maggiormente visitate;
Se e quando i clienti si sentono stressati o perdono interesse;
Quali prodotti o elementi sono più appetibili;
Quali reazioni emotive sono in grado di generare la vetrina o il design del negozio.
INTERFACCE CONVERSAZIONALI
I cosiddetti chatbot al momento sono impiegati esclusivamente come strumenti di customer service per rispondere a semplici domande e fornire una guida in aree molto limitate, ma hanno il potenziale per diventare qualcosa di molto più importante e disruptive.
Se viene loro assegnata la qualifica di “intervistatori virtuali”, possono diventare un nuovo strumento per realizzare ricerche di mercato, di tipo quantitativo - attraverso questionari strutturati - e qualitativo - attraverso domande aperte.
Ciò che è importante sottolineare è che le property online e offline di un Brand possono offrire molte più informazioni di quante già ne raccogliamo, e queste informazioni possono aiutarci a costruire un’immagine del cliente come persona, invece che semplice consumatore.
Inoltre, utilizzare tecniche di intelligenza artificiale per analizzare questi soft data permette di costruire modelli predittivi del comportamento e dei tratti individuali di ciascun cliente. Quindi, applicare questi modelli predittivi al content delivery system permette di offrire comunicazioni ed offerte personalizzate, oltre a esperienze uniche, basate sulle caratteristiche personali ed emotive, portando così il marketing one-to-one a un livello successivo. Quello che consente - finalmente - di migliorare il customer engagement.
Foto di Antonio Lainez su Unsplash
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