Abbiamo già parlato, nell’articolo di qualche settimana fa, di come la tecnologia stia modificando in profondità il settore discografico. Nelle conclusioni avevamo sottolineato la non pericolosità del fenomeno, a patto che l’applicazione dell’Intelligenza Artificiale fosse realizzata con la responsabilità degli attori in causa. Questo discorso si può tradurre anche per il rapporto fra IA e fotografia.
Con alcune necessarie differenze
Due sono i casi, agli opposti per qualità estetica ed etica, che nascono come risultato della relazione fra IA e fotografia : il progetto “Dreams of New York” e lo sviluppo, nel mondo del Machine Learning, della tecnica GANs.
Il primo è un progetto artistico realizzato da Tanner Woodbury e Nikolos Killian, due designer americani. Questi, vagando per le strade di New York attraverso l’incedere lento di Google Street View, hanno notato stupiti la bellezza di certi scorci cittadini.
Di conseguenza hanno deciso, qualche tempo dopo, di realizzare un progetto fotografico che, riprendendo e trasformando in bianco e nero quegli scatti “amatoriali”, ha visto la realizzazione di una mostra e la creazione di un artbook andato rapidamente sold-out.
Lo strumento tecnologico, quindi, diventa fotografo d’arte involontario. Centrale poi, per la buona riuscita del progetto, è stato il ruolo della legislazione americana sul diritto d’autore; se è una macchina a scattare la foto, allora la proprietà intellettuale è di tutti.
Il caso del GANs, invece, è tutta un’altra storia.
L’acronimo sta per Generative Adversarial Networks e indica una tipologia di Machine Learning inventata solo nel 2014.
Il suo funzionamento è molto semplice; vengono addestrate due reti neurali, una generativa e una discriminativa avversaria. La prima ha il compito di prendere un dato e modificarlo.
La seconda analizza il risultato creato dalla gemella per controllare se rientra nei parametri di veridicità che il programmatore ha imposto.
Facciamo un esempio pratico: il GANs deve analizzare un database con i volti di migliaia di persone. La rete neurale generativa ha il compito di creare, dal database, l’immagine di un volto assolutamente nuovo, mentre la rete neurale avversaria deve scoprire se l’immagine creata dalla compagna sia reale o no. Ogni immagine è una battaglia fra le due reti; una vince e l’altra perde. Il sistema, ovviamente, impara dall’esito dell’operazione e si perfeziona.
Dopo pochi anni di sperimentazione, oggi esistono GANs che sono in grado di “immaginare” e realizzare volti talmente credibili da essere irriconoscibili sia alla rete avversaria che all’occhio umano.
La conseguenza di ciò, come per i Deep Fake, è il rischio che tali strumenti possano finire nelle mani sbagliate, e magari danneggiare, attraverso la creazione di persone inesistenti, la comunità. Il diritto d’autore, inoltre, permette a tutti di utilizzare le immagini dei GANs per i propri fini, proprio per il fatto che sono le macchine a crearle, non gli uomini.
Rimane sullo sfondo una questione più filosofica.
La fotografia è lo strumento, forse più centrato, per raccontare l’uomo e la realtà. Se si utilizza per dare testimonianza a qualcosa che non esiste, allora si crea un controsenso.
A grandi linee è la stessa criticità emersa con la diffusione di Photoshop, ma resa più cocente dal ruolo centrale della macchina nel processo di falsificazione.
Come in situazioni simili, anche in questo caso, però, il problema non è dovuto alla tecnologia, ma a chi si nasconde dietro di essa. Infatti il GANs, in origine, era stato ideato dal suo creatore, Ian Goodfellow, per mettere a disposizione grandi quantità di dati a piccoli ricercatori e centri specializzati, per rendere più sostenibile economicamente l’addestramento delle IA.
Ad esempio il GANs può creare, utilizzando un database limitato di immagini, nuovi elementi originali con cui addestrare l’intelligenza artificiale, eliminando il costo di recupero delle fotografie.
Uno strumento, quindi, per la democratizzazione della tecnologia e della creatività.
Superando concettualmente il suo scopo naturale, il GANs è stato poi utilizzato in maniera estremamente creativa. Ad esempio in progetti artistici unici, come l’ideazione e la creazione “artificiale”, qualche anno fa, di un dipinto poi venduto all’asta per 432 mila euro.
Allo stesso tempo alcuni artisti, come ad esempio l’inglese Anna Ridler, hanno utilizzato il GANs all’interno delle proprie opere e performance; da citare, ad esempio, è il cortometraggio Fall of the House of Usher della stessa artista, in cui il disegno diviene materia plastica ideata e composta dalla macchina.
Se volessimo definire i diversi usi del GANs, si dovrebbero distinguere due intenti: creativo e “furbo”. La mentalità e gli obiettivi di chi sta dietro al computer, più che alla macchina fotografica, decidono la veridicità e l’etica del risultato. La fotografia è, in fin dei conti, una scienza, e oggi, nell’epoca dei numeri, è più evidente che mai.